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Il percorso dall'autopubblicazione alla nascita di un "autore"

Come l'editoria tradizionale incontra il self-publishing

Se un editore come Mondadori apre al self-publishing, vuol dire che qualcosa sta cambiando nel mondo dei libri. Non tutto quello che viene messo in rete dagli autori è "libro", ma il "libro" passa anche per il self-publishing.

Manlio Cammarata - 30.11.13 

La notizia è di ieri: Mondadori ha inaugurato il suo sito dedicato al self-publishing: scrivo.me. Qualcuno si strapperà i capelli all'idea di un grande editore che scende a patti col nemico. Invece è un segno importante del cambiamento dei tempi. In pochi decenni le tecnologie hanno determinato una rivoluzione nel campo della comunicazione e dell'informazione. Servizi postali, giornali, televisioni, telefoni hanno fatto i conti, o li stanno facendo, con i sistemi elettronici.

Tutto ciò che fino a ieri era soltanto carta, oggi è fatto anche o solo di bit.  Il libro arriva per ultimo. L'evoluzione è incominciata quarant'anni fa con il progressivo abbandono del piombo nella stampa e con l'introduzione dei sistemi editoriali elettronici. Da qualche anno la catena produttiva dei giornali e dei libri è tutta digitale. L'ultimo passo è l'ebook.

La rivoluzione dell'ebook non è solo in un comodo attrezzo chiamato "ebook reader". E' nelle nuove modalità di acquisto, conservazione e lettura dei libri. E' in un diverso percorso dell'opera, che può andare dall'autore al lettore in tempi brevissimi, e con intermediari neutrali che non hanno voce in capitolo sull'esistenza stessa del libro. Una "filiera" del tutto diversa da quella dell'editoria tradizionale.

In due parole: "self publishing". Il self-publishing è una cosa seria, anche se oggi si presenta come lo straripare di un grande fiume, un'inondazione incontrollabile che trascina con sé materiali di ogni genere.
Tutti coloro che si sentono scrittori possono pubblicare le loro opere, senza subire i rifiuti silenziosi degli editori. E siccome sono molti, moltissimi, l'alluvione è inevitabile.

Però il primo libro autopubblicato assomiglia in molti casi alla prima seduta dallo psicoterapeuta: il paziente cerca di spiegare i suoi problemi, racconta se stesso. Spesso l'autopubblicazione è una catarsi che fa bene soprattutto al suo autore e forse a quelli che si possono riconoscere nelle cose che scrive. Ma non è letteratura. Nella maggior parte dei casi l'opera autopubblicata non è un libro con prospettive editoriali.

Il libro come prodotto letterario deve avere in qualche misura un valore universale - la parola va usata con molta prudenza - alla pari con qualsiasi opera d'arte, anche di un'arte minore. O di un nobile artigianato. E deve avere anche una qualità, che è la somma di diversi requisiti: prima di tutto deve partire da un'idea non banale. Subito dopo viene l'efficacia della scrittura, che richiede la capacità di scegliere le parole e combinarle assecondando l'idea e rispettando ortografia, grammatica e sintassi (che possono essere anche diverse da quelle che si imparavano a scuola).

Poi ci sono gli aspetti editoriali: la revisione da parte di un esperto (editing), l'impaginazione (del tutto diversa tra il libro di carta e l'ebook), la copertina e via elencando.
Infine la vendibilità, che è un requisito importante per l'azienda editoriale (ma non dovrebbe essere il principale, come purtroppo accade di frequente).

Tutto questo manca spesso nel self-publishing. Che però è anche un mezzo per consentire a un vero autore di emergere, superando i filtri degli editori tradizionali. Filtri ormai obsoleti di fronte all'avanzata dei nuovi canali, oltre che inadeguati alla massa delle proposte che arrivano da ogni parte.

Il punto di incontro tra l'editoria che mi piace chiamare "di ieri" e quella che avanza si può raggiungere attraverso due strade convergenti. La prima è allevare nuovi autori, aggiungendo l'indispensabile sapere tecnico a un talento naturale che si può individuare attraverso il social. Questo sembra il connotato saliente anche della nuova iniziativa di Mondadori.

Scrive infatti il direttore Edoardo Brugnatelli: "Scrivo.me vuole fare proprio questo: aprire le porte di questo universo sterminato e affascinante. Rendere possibile a chiunque voglia scrivere e magari pubblicarsi di capire quali sono gli strumenti, le tecniche, le regole per rendere ancor più bello e più ricco il testo sul quale sta lavorando".

La seconda strada per arrivare al punto di incontro fra il vecchio e il nuovo è meno facile e tutta da inventare: è individuare nel mare delle autopubblicazioni un self-publishing di qualità. Una sorta di "certificato di pubblicabilità", che non abbia come sbocco naturale un contratto editoriale, ma che aiuti i lettori nella scelta dei libri da leggere e segnali il self-publisher come potenziale autore in senso pieno.

Il problema è capire chi possa essere qualificato per attribuire questo ipotetico "bollino". Non genericamente la Rete, i social network, perché c'è il rischio che siano promosse cinquemila sfumature di tutti i colori e bocciate opere valide, ma non facili da accettare per un pubblico abituato alla superficialità del web.
E neanche gli editori, perché ritorneremmo al punto di partenza.

In ogni caso ci troviamo di fronte a una specie di paradosso: il self-publishing di qualità deve passare per un filtro che è, di per sé, una parziale negazione dell'idea  stessa del self-publishing. Questo è uno dei nodi che devono essere sciolti per costruire l'editoria del terzo millennio.

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